Che parola strana “Counseling”! È proprio per questo che vorrei spiegarti le sue origini, partendo dalla sua etimologia, dandoti qualche cenno storico sino ad arrivare a spiegarti cos’è, a cosa e a chi potrebbe essere utile.
Etimologia del termine
Partiamo dalla sua etimologia, la derivazione del termine counseling o in alternativa se vogliamo dirla all’inglese counselling con la doppia elle, possiamo farla risalire al verbo latino consulo-ere che letteralmente si traduce “consolare”, “confortare” o anche utilizzata nell’accezione di “venire in aiuto”, “avere cura”.
Analogo è anche un altro verbo latino: consulto-are, nel senso di “richiedere il parere di un saggio”.
È per quanto sopra specificato che tradurre il termine counseling in “consulenza” è considerato inappropriato; Molti lo traducono in questo modo per una letterale traduzione dal termine inglese consulting, che viene dal verbo to consult.
Nella lingua italiana, infatti, il termine consulenza specifica una persona, il consulente, che avendo un’accertata esperienza e pratica in una materia, consiglia e assiste il proprio cliente nello svolgimento di atti, fornisce informazioni e pareri dando in sostanza risposte a quesiti di ordine tecnico.
Mentre il counseling è orientato alla prevenzione del disagio individuale e sociale occupandosi di problemi specifici come prendere decisioni, sviluppare la conoscenza di sé, migliorare il proprio modo di relazionarsi agli altri….

Cenni storici
Possiamo collocare le prime attività di counseling fin dai primi del 900 negli USA quando alcuni operatori sociali di quel periodo iniziano a adottare il termine counseling per definire l’attività di orientamento professionale rivolta ai soldati che rientrano dalla prima guerra e che necessitavano di una ricollocazione professionale.
I primi scritti sono stati elaborati tra il 1898 e il 1907. Tra i più importanti citiamo il lavoro svolto da Jesse B. Davis come counselor presso la Central High School di Ditroit e la pubblicazione del libro di Frank Parson nel 1909 dal titolo “Choosing a vocation”. Nello stesso periodo, inoltre, risale la fondazione della Connecticut Society for Mental Hygiene ad opera di Clifford Beers.
Andando avanti troviamo altre attività relative al counseling come, ad esempio, nel 1939 la pubblicazione del libro “come fare counseling con gli studenti” di Edmund G. Williamson. Nel 1940 iniziano le primissime certificazioni dei primi counselor scolastici. A distanza di due anni, nel 1942, sono già 415 i colleghi e molte università hanno attivato centri per l’orientamento che saranno i percussori dei successivi servizi di counseling.
Sempre nel 1942 le ricerche di Carl Rogers, psicologo statunitense, fondatore della terapia non direttiva e noto per i suoi studi sul counseling e la psicoterapia all’interno della corrente umanistica della psicologia, confluiscono nel testo che è diventato ormai una pietra miliare della professione “counseling and psychotherapy”.
Tuttavia, i primi servizi di counseling nascono nel Regno Unito tra gli anni Venti e gli anni Trenta.
Il Counseling in Italia
Anche in Italia si possono rintracciare attività affini al counseling nella storia dell’assistenza sociale già a partire dagli anni Venti ma è solo intorno agli anni ’70 che alcune scuole di formazione in psicoterapia iniziano a formare figure professionali orientate alla relazione e centrate sull’individuo.
In Italia la definizione di counselor nel campo del lavoro inizia ad essere utilizzata a partire dagli anni 90 con la prima organizzazione dell’attività professionale ed è sempre in questi anni che nascono le prime associazioni di counseling con l’intento di promuoverne l’attività e regolarne l’esercizio.
È solo attraverso la L. 135 del 1990 infatti, tra il 1994 e il 1995, che l’istituto superiore di sanità introduce la pratica di counseling in ambito sociosanitario.
Nel 2000, infine, il consiglio nazionale dell’economia del lavoro inserisce il counseling tra le professioni non regolamentate.
Per concludere questo paragrafo, ci tengo a sottolineare il cambiamento più importante di questo periodo storico, rispetto alla visione ancestrale del benessere mentale, si basa sul passaggio da un modello centrato sulla malattia ad un modello orientato alla salute dell’individuo.
Questo modello permette l’evoluzione della psicologia del benessere che inizia a diffondersi negli anni 70, alla cui base vi è una concezione positiva dell’essere umano. Infatti, tutt’oggi l’obiettivo anche del counseling è quello di migliorare la qualità della vita della persona.
Cos’è il counseling
Il counseling professionale secondo quanto stabilito dall’associazione di categoria, AssoCounseling, è:
“è un’attività il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione. Il counseling offre uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi fase di transizione e stati di crisi e rinforzare le capacità di scelta o di cambiamento. È un intervento che utilizza varie metodologie mutuate da diversi orientamenti teorici. Si rivolge al singolo alle famiglie a gruppi e istituzioni. Il counseling può essere erogato in vari ambiti quali privato, sociale, scolastico, sanitario e aziendale.”

Counseling: a cosa è utile
Come anticipato in apertura, il counseling è orientato alla prevenzione del disagio individuale e sociale occupandosi di problemi specifici come prendere decisioni, sviluppare la concezione di sé, migliorare il proprio modo di relazionarsi agli altri.
Le sue basi affondano nel considerare l’individuo autonomo e il suo intervento è mirato ad incentivare il concetto di responsabilità individuale. Per questo nei confronti del proprio cliente il counselor ha un atteggiamento attivo, propositivo e stimolante.
Il counseling è finalizzato a consentire una visione realistica del proprio sé e dell’ambiente sociale in cui si trova a vivere, in modo da poter affrontare al meglio le scelte relative alla professione, al matrimonio, alla gestione dei rapporti interpersonali cercando di ridurre al minimo le conflittualità dovute a fattori soggettivi.
È un’attività di competenza relazionale che utilizza mezzi comunicazionali per agevolare l’auto conoscenza di sé stessi attraverso la consapevolezza dello sviluppo ottimale delle risorse personali per migliorare il proprio stile di vita in maniera più soddisfacente e creativo. È per questo che il counseling si configura come un intervento di tipo socio psico-pedagogico e non strettamente psicologico.
Counseling: a chi è utile
Tutti coloro che hanno la necessità di prevenire, affrontare e risolvere una difficoltà ben precisa o una condizione di temporanea difficoltà. Il counselor, insieme alla persona, andrà a circoscrivere e delineare la difficoltà verso un obiettivo preciso in un tempo che è da subito ben definito.
Non essendo una forma di terapia (medica o psicologica) o di sostegno psicologico, chi decide di iniziare un percorso di counseling stabilisce di avviare un percorso di crescita, di responsabilizzazione, di maturazione, durante il quale il counselor accompagna l’individuo alla scoperta di opportunità nascoste dentro di sé.
Infatti, Il counselor non dà consigli, non offre soluzioni e non indica scorciatoie. Accompagna la persona verso mete e obiettivi che questa ha stabilito per arrivare a dare il meglio di se nei diversi ambiti della vita.
Ognuno di noi possiede delle potenzialità e delle risorse che il counselor aiuterà ad esprimere.
Capita a tutti nella vita di attraversare dei momenti difficili, caratterizzati, per lo più, da una “fase di transizione“, che possiamo anche definire di cambiamento, che pur essendo del tutto normali (nasce un figlio, cambia il lavoro, si chiude un ciclo scolastico, etc.), spesso ci lasciano in una situazione di empasse rispetto alla quale non sappiamo bene come muoverci.
Il counseling è utile a chi:
- Deve prendere una decisione difficile che riguarda la vita personale o professionale;
- Deve raggiungere un obiettivo che ci siamo posti, ma incontriamo delle difficoltà;
- si trova di fronte ad una scelta lavorativa;
- Deve riorganizzare le relazioni familiari, magari in seguito ad una separazione o ad un divorzio;
- Deve fare i conti con i figli che diventano grandi e lasciano la loro famiglia d’origine;
- Deve rapportarsi con la sua famiglia d’origine e non sa come fare;
- Deve costruire o ri-costruire un nuovo nucleo familiare;
- incontra dei problemi nella vita di coppia;
- incontra difficoltà nella carriera scolastica (ad esempio siamo bloccati nella scelta dell’università o nel sostenere un esame);
- si trova in delle situazioni dove, da soli, sentiamo di non farcela.
È arrivato il momento di salutarci ma prima vorrei spigarti perché io ho scelto il counseling come professione.
Le ragioni sono tante ma la prima fra tutte è legata alla sua filosofia.
Il counseling, come ho anticipato e detto più volte in questo articolo, riconosce l’unicità di ognuno di noi confermando pienamente il nostro modo unico di stare al mondo.
Inoltre, questo tipo di relazione di aiuto consiste nel facilitare nella persona il processo di auto-conoscenza e decisione responsabile, attraverso l’ascolto attivo, senza soluzione preconfezionate.
Il motivo principale della mia scelta si basa sulla convinzione che l’essere umano è dotato per natura di potenzialità, creatività e capacità di scelte attive. È proprio questa visione su cui baso il mio lavoro che facilita il processo di crescita personale facendo emergere il meglio di noi stessi.
Non “lasciatevi vivere”, ma prendete nelle vostre mani la vostra vita e vogliate decidere di farne un autentico e personale capolavoro!
[Papa Giovanni Paolo II]


